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Avviso. Questo è un pezzo retorico, patriottico e strappalacrime. I cinici, i revisionisti, i dietrologi, i nordisti, i sudisti e gli internazionalisti possono serenamente risparmiarselo.
Giuseppe Cesare Abba, scrittore; Clemente Alberti, caffettiere; Benigno Alfieri, ramaio; Stefano Antonelli, panettiere; Febo Arcangeli, agente di negozio; Isacco Arcangeli, farmacista; Rinaldo Arconati, avvocato; Zelindo Ascani, falegname; Bartolomeo Armellini, fruttivendolo; Giovanni Armanino, calzolaio; Felice Astori, panettiere…
Scorrete con me l’elenco dei 1.089 che il 5 maggio 1860 partirono clandestini da Quarto, arrivando alla spicciolata da mezza Italia, felici di cercare ancora una volta “la bella morte” e di arruolarsi per l’unico condottiero in grado di vincere con un esercito di volontari, male armati, inesperti… tutti però pronti al sacrificio. E poi se non basta, leggetevi i nomi dei caduti a Mentana, quelli di Curtatone e Montanara, di Bezzecca, e delle tante battaglie del nostro Risorgimento…i martiri di Milano, di Brescia, del Friuli. Erano quasi tutti ragazzi: umili bottegai, studenti, garzoni oppure letterati illuminati o ricche teste calde per la disperazione dei facoltosi genitori. Alcuni di loro erano veterani garibaldini, ma il grosso erano giovanissimi partiti per la guerra “per un ideale, per una truffa, per un amore finito male”.
…Giuseppe Bandi, giornalista; Enrico Balicco, stalliere; Antonio Davide Balboni, barbiere; Tomaso Barabino, portiere; Alessandro Barbesi, albergatore; Gerolamo Barbieri, veterinario; Giuseppe Antonio Bassani, domestico; Stefano Baruffi, commerciante; Giovan Battista Bensaia, spedizioniere; Lucio Marco Bertacchi, scrivano…
Tra i Mille c’erano un veterano delle guerre napoleoniche (il ligure Tommaso Parodi di 69 anni) e un bambino a seguito del padre (Giuseppe Marchetti di appena 11 anni), c’era un incendiario finito pompiere (Francesco Crispi) e sua moglie, Rose Montmasson, che per amore di lui si travestì da uomo e in cambio venne poi ripudiata quando Crispi era ormai un politico di rango. Moltissimi erano bergamaschi e bresciani (su cui la stampa da anni ironizza… ma da dove volete che arrivassero i volontari? Non certo dal Sud o dal Regno Pontificio!), pochi i piemontesi e i liguri (e anche qui sai che notizia! Gli abili alla leva erano tutti arruolati nel esercito regolare, con una ferma di 5 anni…), molti gli stranieri, soprattutto ungheresi, sempre pronti a disertare dall’esercito austriaco alla prima occasione, per ingrossare le file dei volontari garibaldini.
…Giuseppe Marconzini, agente di campagna; Giuseppe Mazzola, orefice; Marco Melchiorazzo, scrivano privato; Leopoldo Meschini, fornaciaio; Giuseppe Migliacci, bachicultore; Domenico Menin, ingegnere; Angelo Mattioli, bracciante; Ulisse Martinelli, domestico; Giosuè Molinari, mediatore; Giuseppe Molinari, impiegato di ferrovia; Giacomo Giovanni Marelli, tintore; Pompeo Giuseppe Moscheni, pizzicagnolo; Stefano Olivieri, macellaio…
Sembravano un’accozzaglia di gente che non sarebbe andata da nessuna parte. Almeno così la pensavano Cavour e lo Stato Maggiore sabaudo. Una spedizione che sarebbe naufragata al primo scontro, sempre che riuscisse a sbarcare, come tutte quelle messe in piedi da Mazzini, e di cui tutti si sarebbero prontamente lavati le mani il giorno stesso. Invece no. Perché Garibaldi non era un parolaio irresponsabile come Mazzini (eh sì, lui esule che scrive lettere, cerca soldi, complotta e arringa da lontano… e gli altri poveri idealisti mandati al macello tutte le volte! Io non ho mai amato Mazzini.): gli uomini credevano in lui anche perché lo vedevano in prima linea, mica nelle retrovie; e questo in una battaglia non è mai un dettaglio. E poi Garibaldi ha sempre comandato eserciti di volontari, arruolati solo grazie al proprio carisma personale: mezza Europa oppressa sognava di essere “liberata” da lui, sperava che arrivasse Garibaldi! Il destino li ha aiutati? La marina ingese li ha fatti sbarcare? I picciotti siciliani erano manovrati dalla mafia? Bene, anzi meglio. Ma questo non cambia la sostanza delle cose. Andate a vedervi Calatafimi, il luogo della prima battaglia. È una collina ripida, tutta in salita, senza ripari. Ed erano appena 1.500 camice rosse contro 3.000 soldati addestrati con artiglieria e cavalleria. Provate a pensare cosa vuol dire caricare in salita con i moschetti contro i cannoni. Eppure attaccarono e vinsero.
…Paolo Luigi Testa, fabbricante di bilance; Giovanni Battista Tassara, scultore; Oreste Terzi, libraio; Antonio Tamburrini, droghiere; Bortolo Tommasi, fabbricante di reti; Giovanni Topi, facchino; Luigi Ungar-Curti, macchinista; Giovanni Velasco, pescatore; Bartolomeo Vitale, capitano marittimo; Antonio Zamarioli, contadino; Gaetano Zuliani, barcaiolo; Enrico Matteo Zuzzi, medico.
Tra le tante puttanate che mi tocca leggere quest’anno da stuoli di pseudo-revisionisti pronti a tutto per vendere due copie in più (imperdibile quella che il Regno delle Due Sicilie era praticamente una Svizzera e i piemontesi l’avrebbero depredata) c’è anche che il comandante borbone, Francesco Landi, era stato comprato da Garibaldi… Ora, bastasse pagare per vincere le battaglie (e le guerre) sarebbe bellissimo: invece di migliaia di morti, milioni di soldi! Purtroppo nel mondo reale, e non nel Paese delle Meraviglie di certi revisionisti, in guerra si spende moltissimo, si muore molto di più e poi –a volte– si perde pure la guerra. A Calatafimi morì gratis Luigi Adolfo Biffi che aveva 15 anni da compiere, così come a Palermo –sempre gratis– toccava a Lajos Tüköry, partito dall’Ungheria, che di anni ne aveva poi appena il doppio…
…e poi ci sono Fermo Amati, studente bergamasco, 19 anni. Federico Antognoli, sarto bergamasco, 21 anni. Crescenzio Baiguera, opeario bresciano, 38 anni. Gerolamo Baracchi, bresciano, 39 anni. Pietro Baiocchi, abruzzese, 26 anni. Angelo Baldassarri, panettiere bresciano, 32 anni. Ernesto Belloni, trevigiano, 19 anni. Carlo Bonardi, studente bresciano, 23 anni. Antonio Goldberg, disertore ungherese 36 anni. Giuseppe Rinaldo Bontempo, esule politico, 30 anni. Luigi Martignoni, lodigiano, 33 anni…
Tutta gente che comunque non avrebbe mai scelto di pagare per vincere (e vivere) invece di morire da eroi. Il dibattito sul Risorgimento è sempre aperto ed è giusto oggi considerare le ragioni dei Borboni e parlare senza riserve delle nefandezze del nuovo Regno d’Italia (da Fenestrelle al brigantaggio) ma questo non toglie nulla né alla sostanza, né all’epica di quegli avvenimenti che anzi, privati della pomposa retorica risorgimentale, sono ancora più stupefacenti e dovrebbero farci sentire orgogliosi del nostro passato.
“Con un cucchiaio di vetro scavo nella mia Storia, ma colpisco un po’ a casaccio perché non ho più Memoria”
Io quando in autostrada leggo Novara, Goito, San Martino, Magenta, San Donà del Piave, Vittorio Veneto quasi mi commuovo, così come al Sacrario di Redipuglia o al Milite Ignoto di Roma. In 150 anni questo paese non ci ha risparmiato quasi niente, e dello spirito e della statura dei padri fondatori poco o nulla ci resta in eredità. E certo, oggi a guardare Berlusconi, D’Alema, Bossi, Fini, Bindi, Di Pietro c’è ben poco da festeggiare. Ma non fatelo per loro… Festeggiate invece tutti quei ragazzi –gli studenti, i garzoni, i bottegai– tutti quei sognatori che un secolo e mezzo fa, senza pensarci se gli conveniva o meno, scappando di casa di nascosto, andarono a farsi ammazzare col sorriso sulle labbra, solo per un’idea.
Fatelo per loro.
Fatelo per voi.
Buon compleanno Italia.
…Clemente Martinelli, studente lombardo, 23 anni. Stefano Giuliano Messaggi, granatiere, 26 anni. Fermo Nicoli, bergamasco, 34 anni. Vincenzo Padula, salernitano, 29 anni. Pietro Pianeri, bresciano, 32 anni. Enrico Richiedei, possidente, 27 anni. Pilade Tagliapietra, trevigiano, 24 anni. Gaspare Tibelli, studente bergamasco, 18 anni e tanti tanti altri…