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Dunque faremo a meno di un po’ di Province (in parte storiche, in parte eredità di un passato recente di spesa allegra) ma non in Sicilia, che è più autonoma delle altre Regioni!
E infatti i suoi consiglieri si chiamano Deputati e hanno un’indennità identica ai politici nazionali, in barba al dissesto della Regione stessa e alla vaga presenza sull’isola di un’organizzazione criminale dallo sconosciuto nome di “mafia”, ma che ad ogni buon conto pare si tenga sempre molto distante dalla politica…
Il Ministro della Funzione Pubblica, di concerto con quello dell’Economia e col Presidente del Consiglio, giura che presto anche i ministeri tireranno la cinghia e intanto annuncia (captatio benevolentiae?) che forse un giorno perfino gli statali, intendo quelli fannulloni, improduttivi, imboscati, assenteisti o incapaci, almeno quelli potranno essere licenziati (ma solo ad una certa età, avrebbe detto Lucio Dalla).
E questa è la Spending Review, la “revisione della spesa” in versione italiana: la ricetta magica con cui verrà risanato il Paese.
Intanto leggo su web che studi “conti alla mano” pesano il risparmio di questa sforbiciata in 160-200 milioni di euro. A meno di non trasformare i 12.000 esuberi (dodicimila!) provinciali in licenziamenti o pre-pensionamenti (una cosa che non ha nessun senso, ovviamente).
Direi quindi che è il classico elefante americano (non in senso di Democrats) che partorisce il solito topolino italiano.
Anche perché, se è vero che i soldi occorre prenderli dove ci sono (cioè dalle tasche degli italiani, che è quello che ha fatto subito Monti), è anche vero che i tagli occorrerebbe farli là dove si spende davvero (e questo il professorone Monti non lo ha fatto per nulla).
I veri centri di spesa italiani sono le Regioni, non le Province o i Comuni.
È qui infatti che si concentra il grosso dei trasferimenti statali e dei finanziamenti comunitari. Per cui una vera “revisione della spesa” dovrebbe partire da lì.
Che poi questo Paese abbia bisogno di una riforma dell’Amministrazione statale in toto è assolutamente evidente e sacrosanto, ma iniziare a salvare il bilancio dell’Italia abolendo il comune di Camo o la provincia di Asti fa ridere.
E che ce lo facciano credere dei “tecnici” è ancora più ridicolo.
O io sono un genio assoluto, perché tutto da solo ho capito il nocciolo del problema (e non è vero), o questi sono degli idioti totali che fingono di fare i professoroni (e non è probabile)…o davvero ci pigliano per il culo (scusate il francesismo) che è quello che secondo me sta accadendo.
Uno Stato serio, per esempio la Francia (ooops cos’ho detto!), inizierebbe dall’alto a fare la cura dimagrante, passando come minimo da venti a dieci Regioni (cazzoooooo: sono la metà!!!!!), cosa fattibilissima in termini numerici (ma epica in termini politici), per poi ridisegnare le Province in base alle nuove Regioni e affidando a queste ultime la valutazione di quanti (e quali) Comuni mantenere. I tempi tecnici sono più o meno gli stessi che hai se accorpi delle province a caso, ma il risultato è qualitivamente diverso.
Questa secondo me si chiama Amministrazione dello Stato. Il che però presuppone l’esistenza di un’amministrazione e –ahimé– anche uno Stato.
A questo punto la proposta di legge Giovannini (anzi di riforma costituzionale, massì puntiamo alto) gratuitamente qui depositata, prevede la creazione, in base a geografia, storia, popolazione e dimensioni, di dieci nuove macro-Regioni:
1- Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (6,2 milioni di abitanti)
2- Lombardia (9,9 mil)
3- Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Trentino Alto-Adige (7,2 mil)
4- Emilia-Romagna (4,4 mil)
5- Toscana, Umbria e Marche (6,2 mil)
6- Lazio, Abruzzo e Molise (7,4 mil)
7- Campania e Calabria (7,8 mil)
8- Puglia e Basilicata (4,7 mil)
9- Sicilia (5 mil) identica ma non autonoma
10- Sardegna (1,6 mil) identica ma non autonoma
Resta la mia perplessità di lasciare da subito l’elezione diretta dei Governatori delle tre nuove Regioni meridionali, in cui è fortissima la presenza mafiosa…
In ogni caso dovranno essere questi nuovi soggetti ad individuare le divisioni provinciali utili, il cui numero sarà stato fissato dallo Stato (con i famosi criteri popolazione/superfice) e infine le nuove Province a individuare quali Comuni mantenere e quali riunire in Unioni. Così ognuno sa di cosa sta parlando e quali soluzioni siano più consone al problema. Questo vorrebbe dire poter conciliare tradizioni e storie italiche all’interno di un quadro di programmazione serio e credibile, ottenendo economie di scala clamorose (la Basilicata non arriva a 600.000 abitanti, il Molise ne ha 320.000, la Valle d’Aosta 130.000…) e una riduzione vera della spesa “allegra”.
In una famiglia indebitata, dove ogni giorno il padre si gioca 1000 euro alle slot-machines, anche se la madre smette di prendere il suo unico caffé al bar, difficilmente riuscirà a pagare le rate del mutuo…
E invece… si rifletta su questo dato: l’83% della spesa regionale del Piemonte se ne va in Sanità… anche un idiota capirebbe che è inutile tagliare all’osso sul restante 17%, dove per altro ci sono anche tutti gli affitti, gli stipendi, le utenze e i mutui…ma è quello che è stato fatto.
D’altra parte lo stesso idiota avrebbe capito che –in piena recessione– l’aumento dell’IVA genera inflazione e ammazza i consumi e di conseguenza il gettito diretto e indiretto… E invece Monti e i suoi tecnici l'hanno scoperto ora.
A me piacerebbe che i mitici tecnici dei ministeri tecnici, i professoroni universitari delle Università, gli studiosi dei centri studi etc etc… facessero due “conti della serva” se in quell’83% davvero non ci siano sprechi, diseconomie e corruzione (che idea questa!), quindi ne pesassero gli importi e si iniziasse da lì a tagliare la spesa.
Poi mi piacerebbe che passassero a valutare le “eventuali” economie di scala ottenibili con la creazione delle macroregioni, evitando così di avere ad es. due ospedali a 20 km, ma uno in Veneto e l’altro in Friuli.
Infine mi piacerebbe che sparissero per sempre i privilegi delle Regioni a Statuto Speciale che sono un anacronismo (di oggi), un’assurdità (di sempre) e un’ingiustizia clamorosa per tutti i cittadini di quelle “normali”.
L’altro buco nero dello Stato si chiama INPS; c’è una parola magica che puntualmente fa capolino nelle varie Leggi Finanziarie: è “retroattività”.
Lo Stato italiano la usa spesso impunemente per tartassare noi cittadini, in un abuso di potere clamoroso che manco un feudatario medioevale avrebbe osato fare.
Ebbene: che si applichi per una voltà la retroattività alle pensioni d’oro, obbligando per legge tutte le pensioni acquisite a passare dal sistema retributivo (vai in pensione con l’ultimo stipendio) a quello contributivo (vai in pensione con quello che hai effettivamente versato)!
Il sistema retributivo infatti, oltre ad essere un insulto per milioni di “poveri” pensionati (e con 5-600 euro al mese ricco non sei di sicuro) grida vendetta per il principio di equità di tutti i cittadini davanti alla Legge.
Perché il tecnico Monti non va in Parlamento a dire: cari politici, un tempo avevate i soldi (quelli di noi nipoti ovviamente) e li avete allegramente spesi per gratificare chi vi aveva meglio servito? Amen, vi è andata bene per un po’, ora basta: la festa è finita. Da domani, già che non restituite il maltolto almeno iniziate tutti a percepire sul versato, senza cumuli, indennità e vitalizi (che la parola stessa già fa incazzare come belve).
Non so, né mi interessa sapere, quanto si risparmierà ma gli italiani faranno i loro sacrifici più volentieri di sicuro.
Io non faccio parte di Goldman-Sachs o di Bilderberg, non insegno all’Università, non sono nel consiglio di amministrazione di nessun Istituto di Credito…non mi sono manco laureato in economia.
Ma sono sicuro che lo Stato italiano con queste riforme avrebbe una “revisione della spesa” senz’altro maggiore dei “forse 200 milioni di euro” delle Province.